Il gusto attuale dista anni luce da quello del vino celebrato da Virgilio e Orazio ma il luogo di produzione è rimasto immutato: l’Ager Falernus, alle pendici del monte Massico, in quella che gli antichi Romani avevano denominato Campania Felix. Un eccezionale requisito che fa del Falerno il primo vino di terroir e il primo cru dell’antichità. Eppure questo prodotto tanto decantato sarebbe andato irrimediabilmente perduto se l’azienda Villa Matilde non avesse condotto negli anni ‘60 una brillante ed accurata operazione di “archeologia enologica” finalizzata al recupero dei vitigni che anticamente venivano impiegati per la produzione del Falerno: l’Aglianico e il Piedirosso tra le varietà a bacca rossa e la Falanghina tra quelle a bacca bianca.
Oggi Villa Matilde, con 120 ettari di vigneto in produzione ed oltre mezzo secolo di storia che l’ha resa protagonista del rinascimento vitivinicolo della Campania, si presenta come realtà diffusa su tutto il territorio regionale (alle tenute storiche di San Castrese e Parco Nuovo in provincia di Caserta, si sono affiancate negli anni quelle in Irpinia e nel Beneventano) ma, nonostante le nuove vigne e i sempre nuovi progetti, il Falerno è e rimarrà il vino simbolo dell’azienda, ancora orgogliosamente a gestione familiare. Gli attuali titolari, Maria Ida e Salvatore Avallone, lo propongono nelle versioni classiche ma anche in preziosi cru, come il Camarato, frutto di anni ed anni di accurata selezione, ottenuto dalle uve Aglianico (80%) e Piedirosso (20%) raccolte nell’omonimo vigneto, uno dei più vecchi e meglio esposti delle tenute collinari, alle falde del vulcano spento di Roccamonfina.
Vino di marcata identità e tipicità, prodotto solo nelle annate migliori, viene fatto maturare per un anno in barriques di rovere pregiato ed affinato poi in bottiglia per altri 12-18 mesi. Lo caratterizzano un bel colore cupo e profondo e profumi intensi e persistenti, dominati da sentori di frutti di bosco che si mescolano a note di liquirizia, vaniglia e cacao. In bocca emergono una personalità complessa ed una struttura imponente contrassegnate però da eleganza e morbidezza. Capace di emozionare, al pari del suo illustre progenitore, porta con sé il valore aggiunto di un ottimo rapporto qualità/prezzo.
L’ABBINAMENTO: LA PIZZAIOLA DI ANDREA NAPOLITANO
Reinterpretare la cucina campana e i suoi inimitabili ingredienti alla ricerca di nuove emozioni gustative ma anche sfatare un luogo comune che ritiene impossibile la liaison vino-carciofi. È nato così l’abbinamento tra La Pizzaiola e il Camarato. Il piatto, che rende la misura dell’estro creativo di Andrea Napolitano, sous chef del suggestivo e pluristellato ristorante il Buco di Sorrento, mette insieme un filetto di maiale, salsa inglese all’aglio dolce, composta di pomodorini del Piennolo, aria di origano e carciofi croccanti, ai quali va lasciato il finale. Il corpo pieno e la struttura robusta del Camarato, ci spiega Napolitano, riescono a pulire magnificamente la bocca dalle sensazioni di grassosità espresse dal cibo.
Ingredienti
- 400 g di carne (colarda di annecchia)
- 25 pomodori datterini
- 6 tuorli d’uovo
- 150 g latte
- 120 g purea aglio
- 370 g panna semimontata
- origano e aglio
- 6 g lecitina
- 300 g liquido
Preparazione
Per la carne: pulirla e privarla della maggior parte del grasso, poi tagliarla a cubi e conservarla in luogo fresco.
Per la salsa aglio: unire i tuorli con il latte portarli a 85°C, dopo raffreddare il composto unire la purea d’aglio precedentemente sbollentata 4 volte nel latte. In seguito mettere a montare la panna fino a consistenza desiderata e unire i due composti facendo in modo che non smonti la panna. Raffreddare e conservare in frigo.
Per la composta di pomodorini: sbollentare i pomodorini e raffreddarli in acqua e ghiaccio, privarli dei semi e della pelle, poi metterli a cuocere con poco olio, aglio e origano tenendoli coperti infine aggiustarli di gusto e raffreddarli.
Per l’aria di origano: sbollentare l’origano, raffreddare in acqua e ghiaccio e frullare il tutto con aggiunta di brodo, aggiungere la lecitina, frullare e montare.
Barbara Mengozzi
(© pubblicato su “Mondo Agricolo” 5, 2012)