Si è sviluppato nell’arco di oltre seicento anni e attraverso 26 generazioni il legame della famiglia Antinori con il mondo del vino, nel segno di una “toscanità” che, senza rifuggire da scelte innovative e talvolta coraggiose, ha sempre mantenuto inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio. Oggi una srl diretta dal Marchese Piero Antinori, con il supporto delle tre figlie, Albiera, Allegra e Alessia, gestisce circa 1.800 ettari vitati di proprietà (la maggior parte tra Toscana ed Umbria), per un totale di 18 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, a testimonianza del fatto che anche i grandi numeri si possono coniugare con la qualità.
Il contributo degli Antinori allo scenario vitivinicolo nazionale (e non solo, come attestano le proprietà del Gruppo a Malta, in Ungheria, negli Usa e in Cile) è notevole, ma fra tutti spicca la “rivoluzione” innescata sul finire degli anni Sessanta quando, condividendo appieno gli input del loro enologo di allora, Giacomo Tachis (l’attuale è Renzo Cotarella), piemontese dotato di grande sensibilità e di vasta esperienza, si rendono conto che i sistemi e la formula tradizionale in uso nel Chianti mal si conciliano con la produzione di grandi vini rossi da invecchiamento. Inizia così un’intensa sperimentazione che apre le porte ai vitigni internazionali, come il Cabernet Sauvignon, per dare al Sangiovese maggiore struttura ed equilibrio, e all’uso delle botti piccole. E’ allora che nella fattoria di Santa Cristina, in pieno Chianti Classico, viene individuato un vigneto speciale.
Da lì prenderà origine il Tignanello, un felice uvaggio di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc (rispettivamente 85, 10 e 5% nella versione odierna) maturato per un anno in barrique, che ha sempre avuto nell’eleganza la sua arma vincente. Il Cabernet svolge invece il ruolo di primo attore nel Solaia, ormai una presenza fissa nell’Olimpo dell’enologia mondiale. Qui è il Sangiovese a conferire il tocco distintivo e la paternità toscana a quello che è giustamente ritenuto il vino più internazionale degli Antinori, dotato di grande potenza e concentrazione. Completa il tris d’assi della rinomata griffe fiorentina il Cervaro dalla Sala, proveniente da una delle aziende più belle e ricche di storia dell’Umbria, nella zona di Orvieto. Lo stile si avvicina a quello dei grandi di Borgogna ma questa volta a far parlare il territorio è il Grechetto che, in piccole aggiunte, completa mirabilmente lo Chardonnay dando vita ad uno dei più eminenti e longevi bianchi italiani.
(© pubblicato su “Mondo Agricolo” 5/2008)
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