Affascinante, variegata, selvaggia, la Maremma è oggi più che mai nuova frontiera del vino toscano anche grazie all’opera di bravi produttori che stanno lavorando alla definizione di una chiara identità vitivinicola per questa vocatissima terra. Risultati molto brillanti in tale direzione stanno premiando l’impegno e le idee messe in campo da Casavyc, vitale azienda dai piccoli numeri ma dai grandi vini che ha iniziato la propria avventura una decina di anni fa in un bellissimo e remoto angolo delle alture maremmane alle pendici del monte Amiata, nella frazione di Poggioferro in comune di Scansano, tra querce, pascoli e torrenti.
Una location unica, scelta con attenzione da Viviana Filocamo e da suo marito Claudio che Casavyc l’hanno creata con totale coinvolgimento del cuore, ma anche con la testa. Qui il clima caldo e assolato della Maremma si incontra con gli eccezionali terreni di origine vulcanica, con i venti sostenuti che spirano sulle colline, con i freddi inverni e le forti escursioni termiche tra giorno e notte. Qui tutto, insomma, sollecitava la passione per la sperimentazione nutrita dai titolari ed invitava ad un approccio diverso ed originale, rivolto ad esplorare senza limiti e senza compromessi l’intero potenziale del terroir maremmano. Obiettivo: ricavare dagli 11 ettari di fitti e ottimamente gestiti vigneti dell’azienda, suddivisi in parcelle incastonate tra un bosco e l’altro ad altezze di 400-500 metri, vini capaci nel tempo di elargire sensazioni di grande freschezza e frutto generoso, complessi ma con tutta l’eleganza peculiare di questo territorio.
Ecco perché il progetto Casavyc contempla, accanto alle uve della tradizione locale, le varietà della valle del Rodano e della Borgogna quali Syrah, Grenache, Mourvedre, Sauvignon blanc, accettando anche la sfida del difficile Pinot Nero. Ma non si tratta di un vezzo, viene specificato, perché sono proprio le uve del sud della Francia, così resistenti alle siccità estreme come pure agli impetuosi venti di maestrale, a rivelarsi ideali per queste zone, le più adatte al vino migliore. E puntuali, in effetti, per Casavyc sono arrivate le soddisfazioni di pubblico e di critica regalate non solo da un Morellino di Scansano di spiccata personalità ma anche da eccellenti versioni degli internazionali come il Temerario, emozionante Pinot Nero che concilia tipicità del vitigno e spiccata territorialità o l’unico bianco della cantina, il gioiellino PianoPianoPocoPoco, Sauvignon minerale e profumato di bosco (solo un migliaio di bottiglie all’anno purtroppo) o il top wine SY, Syrah in purezza di perfetto equilibrio tra struttura e morbidezza.
Poi, a ben interpretare tutta l’originalità del progetto aziendale, nei vini maremmani di Casavyc – affidati alle cure dell’enologo Fabrizio Moltard – è da poco arrivato un delicato e insolito colore rosa: quello del Vedorosa, ottenuto da sole uve Grenache a polpa chiara vinificate in bianco. Una novità scaturita dal carattere marcatamente floreale e aromatico del Grenache prodotto in azienda e, soprattutto, dall’attrazione esercitata su Viviana dai vini rosé in tutte le loro nuances, in primis il rosa tenue di quelli di Provenza, sempre evocatrici di piacevoli fragranze e dolcezze.
Così, grazie ad una vinificazione di virtuosa perizia tecnica che ha finalmente esaltato il bagaglio di aromi della sua uva madre, il Vedorosa è un rosé molto equilibrato ed elegante, dalle intense note di fiori e fragoline di bosco, estremamente fresco e con il giusto grado alcolico ma dove la componente fruttata, scaldata dal sole di Maremma, resta potente. Un vino che, seppur soltanto alla sua prima vendemmia, appare già sicuro e definito nella cifra stilistica, tanto da aver subito riscosso un grande successo. L’intenzione ora è quella di proseguire sulla strada del rosé per farne uno dei punti di forza della produzione. Non a caso è in rampa di lancio (per l’anno prossimo) il seducente color rosa aranciato delle attese bollicine metodo classico di Casavyc, frutto di Pinot Nero vinificato in bianco.
L’ABBINAMENTO: DAL MENÙ DEL CAINO DI MONTEMERANO
Montemerano, caratteristico borgo medievale dell’alta Maremma a poca distanza dalle Terme di Saturnia e Pitigliano, appare alla fine di una strada tutta curve. Qui tra angoli romantici, antiche case in pietra e vicoli del centro storico si intravede sopra una porta di legno l’insegna di Caino, il regno gastronomico di Maurizio Menichetti, di Valeria Piccini sua moglie chef di altissimo rango e del loro valente figlio Andrea.
Nato nel 1971 come osteria-trattoria ad opera dei genitori di Maurizio, Angela e Carisio (detto Caino), è oggi uno dei ristoranti emblema dell’eccellenza italiana, rinomato in patria quanto all’estero. Due salette separate da un camino, con travi a vista, finestrelle affacciate sulle vie del borgo, solide mura e pochi tavoli apparecchiati con prezioso tovagliato, bicchieri di cristallo e posate d’argento. Qui il servizio è impeccabile, scandito con precisione da due patron di sala e sommelier di classe come Maurizio e Andrea che fanno del loro meglio per regalare agli ospiti una sosta da Caino da ricordare a lungo, forti anche di una cantina straordinaria ricavata nel cuore di Montemerano e di una carta vini che ha pochi rivali nell’alta ristorazione dello Stivale per ampiezza e livello delle etichette.
È in questa cornice che Valeria si esprime attraverso la sua fantastica cucina capace di esaltare materia prima e territorio fondendo a meraviglia concretezza, tecnica ed eleganza. Una cucina che sa di Maremma e non ha mai voluto essere modaiola o sterile esercizio di stile, che supera la tradizione toscana senza mai dimenticarla e che ha saputo evolversi continuamente nel tempo. E i suoi piatti, dai sapori netti e decisi, giocati su contrasti di aromi, consistenze e temperature, rispecchiano il carattere di questa energica e simpatica donna chef, rigorosa tra i fornelli ed esigente con lo staff ma altrettanto cordiale e materna.
Il risultato sono ricette inconfondibili ed esecuzioni perfette a partire dagli antipasti, vedi il tortino di alici fresche dell’Argentario con pappa e sorbetto al pomodoro, uno dei classici di Valeria, o il tipico panino con il Lampredotto o il baccalà con cipolle rosse di Tropea e gelato di peperoncini verdi. Tra i primi da citare un altro classico della chef, i tortelli di cacio e pere con salsa di barbe rosse e le pappardelle all’aglio dolce e rosmarino accoppiate al parmigiano con ragù di faraona. Il viaggio del gusto può proseguire con il cinghiale al mirto e lo strepitoso piccione arrostito con terrina di fragole, friggitelli e fegato grasso.
E per accompagnarsi al piacevolissimo rosé Vedorosa? Nel ruolo di partner qui da Caino suggeriscono un autentico “gioiellino” gastronomico: un piccolo sandwich formato da due cialde allo zafferano che racchiudono lingua di manzetta Maremmana scottata appena sulla padella e purea di patate allo zafferano, con polvere di capperi, olio al prezzemolo e un petalo di cipolla ai mirtilli, nota acida che con il frutto del Vedorosa crea un eccezionale abbinamento di contrasto.
© pubblicato su “Mondo Agricolo”, luglio-agosto 2013